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Parco Archeologico di Carsulae

Parco Archeologico di Carsulae

Area Archeologica di Carsulae

Carsulae era un’antica città di epoca romana che sorgeva a ridosso della Via Flaminia, poco distante da Casventus (San Gemini) ed Interamna Nahars (Terni).

I primi insediamenti si verificarono nel IX secolo a.C. e si svilupparono fino al V secolo a.C. ma è con la costruzione della Via Flaminia progettata dal console Caio Flaminio che la città ebbe una forte crescita sia sociale che economica, diventando uno dei centri più importanti della bassa umbria.

Oggi accanto al sito archeologico sorge un piccolo centro visite e documentazione, dedicato ad Umberto Ciotti, l’uomo che ha per primo eseguito gli scavi sulla città di Carsulae portando alla luce numerosi edifici.

Da qualche anno, invece, grazie al supporto di svariate Università anche stranieri (Macquarie e Maesh University in Australia), l’Associazione Astra Onlus, sta portando avanti interessantissime campagne di scavo che portano alla luce, di anno in anno, nuovi reperti che aiutano gli archeologi a ricostruire la storia di questa misteriosa città romana.

Configni

Configni

Configni

Il piccolo borgo medievale di Configni si estende in una posizione strategica sul crinale a ovest di Acquasparta e per questo già intorno al XI secolo era parte del sistema di fortificazione delle Terre Arnolfe.

Il toponimo deriva dal latino confinum – linea di confine e avamposto tra il XIII e il XVI sec. del Comune di Todi di cui si conserva lo stemma all’interno dell’attuale borgo.

Il castello passò poi alla Famiglia Orsini che che edificò quelle fortificazioni di cui restano oggi le due piccole rocche.

CONFIGNI: BELVEDERE DELL’UMBRIA

“Vero e proprio belvedere del Comune di Acquasparta, sia per la sua splendida posizione dominante che per la sua vicinanza al Capoluogo” (Regio Commissario Cav. R. Martucci 1920).

Infatti la “strada vecchia di Configni” collega rapidamente il borgo ad Acquasparta e al Parco delle Terme dell’Amerino, e dal belvedere è possibile ammirare e addentrarsi nel dolce paesaggio collinare che si apre sui vicini borghi di Rosaro, Casigliano, Selvarelle, sulla Valle del Naia e ben oltre fino a Todi, ai Monti Amerini e al Monte Peglia.

Configni, con i suoi stretti vicoli d’estate riempiti dalle chiacchiere di quelle nonne che, se possono, ti offrono una fregnaccia o un bocconcello e un bicchiere di vino è di certo uno dei piccoli e autentici borghi da vedere in Umbria.

L’OSTERIA E IL POETA

Il poeta ternano Alighiero Maurizi (1930-2011), assiduo frequentatore della conviviale “Osteria di Configni”, ora chiusa, ha dipinto in una poesia un caloroso ritratto di Configni e delle sue genti ancora vivido e vero.

“Configni? Un sito sperzu fra menzu a la campagna.
tra le colline verdi e le galline,
la chiesetta e attorno un panorama che pare un quadro fattu pe’ sognà.
Lu sole a primavera se rispecchia su un ruscello che chiacchiera
e canticchia. e stertica l’erbetta e pe’ ‘na ‘nticchia de celu azzurru
sempre a curre stà.
Li bardasci tenennose pe’ mano pitturano li fiuri su li scoji
E come li cillitti fra li rame
Se danno l’imbeccata… pe’ volà!
In autunno se opre la Taverna,
ma pare che se jami “Lu Tendone”
poli magnacce e facce colazione
comunque facci è ‘n gran bellu sciallà!
Ma la cosa migliore è testa ggende
che è semprice, ggentile, un po’ alla bbona
cor core grossu come nà cappanna
e tanta voja de potè campà
in pace co’ se stessi e co’ lu monnu
pe’ avecce sempre da potè donà

(Alighiero Maurizi – Configni 30/09/1984)

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San Giovanni de Butris

San Giovanni de Butris

Secondo una antica denominazione, la chiesa era detta di S. Giovanni de Buttis (Rationes Decimarum) nome forse derivante dai due archi (buttis) costituenti il ponte romano sul quale, intorno al XV secolo, fu costruita questa Chiesa dedicata a S. Giovanni Battista ed era di proprietà dell’Ordine Ospedaliero dei Cavalieri di Malta. Il percorso del fiume fu ben presto deviato per salvaguardare la chiesa e l’abitazione del Commendatore dalle frequenti inondazioni che interessavano, assai di frequente, l’intera valle del Naia.

Faceva parte, fino all’unità d’Italia, del ricco patrimonio dei “ beni spettanti alla Commenda di S. Giovanni di Eudes per la Sacra Religione Gerosolimitana”.
Da allora questa chiesa è rimasta nell’abbandono totale, devastata dall’usura del tempo e dall’incuria e dai furti degli uomini.
Essa è descritta nel 1726, negli “Inventari 18”, conservato presso l’Archivio della Curia Vescovile di Todi, con queste parole :
“ La chiesa di S. Giovanni battista di Eudes è posta, situata sulla strada Flaminia, nel territorio di Acquasparta sopra due archi di pietra fortissimi che formano un ponte. Ha due porte. La principale è verso tramontana, sopra la quale è una pietra con la seguente iscrizione “ D.O.M.ac Divo Ioanni Baptiste patrono Ordinis Hierosolimitani”.
(Di questa lapide è ancora visibile la malta con cui era fissata sopra l’architrave).
Sopra la detta pietra vi è un tondo, ovvero occhio per illuminare la chiesa, e da un lato verso levante sopra il tetto vi è un campanile piccolo con una campana con le seguenti parole “Frater Camillus Barattus eques hierosolimitanus, A.D. MDLXXXX”. (Di questa campana, collocata sul campanile fino a qualche decennio fa, non vi sono più tracce).

L’altra porta poi più piccola è dalla parte di levante. Nella detta(chiesa) vi è un solo altare, in detto altare, cioè nel muro sono dipinte le sacre immagini, cioè in mezzo S. Maria Maddalena, dal lato Evangelio S. Giovanni Battista e sopra l’Annunziata, dall’altro lato dell’epistola S. Francesco, e sopra l’Angelo Gabriele; vi è anche in detto lato dell’epistola la seguente iscrizione “Nicolao Ioanne, Matteo, Comite ductore et Procuratore et in piede alle dette pitture vi è questa iscritione, cioè Laurentius Ventura patritius Senensis Eques Hierosolimitanus aere proprio 1602”, da un lato e l’altro vi sono parimente dipinte due arme, dove sopra sono due rose, in mezzo una sbarra e sotto una altra rosa, sopra la croce di Malta. Sopra poi al detto altare appeso nel muro vicino all’immagine di S. Maria Maddalena sta un crocifisso vecchissimo di legno di grande veneratione, sopra la croce su la quale vi è un sciugatore”.

Il crocifisso “antichissimo” (inizio XIV sec.) è di scuola Umbra e antecedente l’attuale chiesa ed era assai venerato. Fu trasportato nel 1888, accompagnato da una folla immensa di acquaspartani, nella Chiesa di S. Francesco e collocato sull’altare di destra entrando. Lo stesso trovasi ora nella Chiesa di S. Cecilia.

La Chiesa di S. Giovanni di Budes, di stile romanico, è una delle tante presenti nel territorio che si affaccia sulla Flaminia da Carsulae a Massa Martana. Vogliamo ricordare le più vicine come S. Maria Assunta in Quadrelli, S. Bartolomeo in Casteltodino, S. Lucia sempre nel territorio di Acquasparta ad est della Flaminia, l’abbazia di Villa S. Faustino, S. Maria in Pantano e SS. Terenzio e Fidenzio nel Comune di Massa Martana.
Questo edificio sacro cristiano costruito su di un ponte di una strada consolare romana di oltre duecento anni antecedente l’era cristiana, ci sta a ricordare il faticoso e fertile connubio, faticosamente realizzatosi tra cristianesimo e paganesimo, tra mondo latino – cristiano e mondo germanico .
In fondo, in questa “unità”, ritroviamo l’identità culturale di queste terre il cui humus è latino e cristiano maturato nel crogiolo prodotto con l’impatto con le diverse etnie barbariche.

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Le fonti dell’Amerino

Le fonti dell’Amerino

Acquasparta, il piccolo borgo rinascimentale, nel cuore della verde Umbria, come suggerito dal toponimo del suo nome, è una città ricca di sorgenti d’acqua.

Solo nel territorio del comune del paese, si contano cinque sorgenti, due delle quali sono note anche come “le acque di San Francesco” poichè pare che il poverello d’Assisi, passando per queste zone, benedisse e rese curative le proprietà delle acque che sgorgavano dalle rispettive sorgenti.

Nel corso degli anni, specialmente ad Acquasparta e Furapane, attorno alle sorgenti sono andati a costruirsi due impianti termali che negli anni 60-70 e 80 hanno reso la cittadina di Acquasparta una meta termale famosa in tutta Italia.

In particolare, le terme dell’Amerino, erano organizzate per ospitare i numerosi turisti che venivano nel territorio a curarsi grazie alle proprietà curative dell’Acqua sorgiva.

Nel corso degli anni, il mito termale è andato scemando e rimane oggi un parco naturale oggi chiuso a causa dei danni causati dal terremoto del 2016.