Chiesa di Santa Cecilia

Durante i lavori per la installazione dell’impianto di riscaldamento, a metà degli anni 1970, al di sotto del presbiterio, sono state rinvenute mura e pietre, fotografati, certamente anteriori al secolo XI. Tali reperti rendono plausibile l’affermazione del Pianegiani dell’antichità della presenza di un luogo di culto all’interno di Acquasparta e l’ipotesi del formarsi di una comunità cristiana fin dai primi secoli dell’era cristiana. Ipotesi avvalorata dai forti segni cristiani lungo la vecchia Flaminia, quali le Catacombe di Villa S. Faustino (Massa Martana) e la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano in Carsulae. All’interno troviamo otto Cappelle e in esse, fino all’inizio del XX secolo, si trovavano sette altari e, in quella posta all’ingresso di sinistra, un battistero del 1575.

Gli altari restanti sono dedicati ai Santi Nicola, Barbara e Restituta (seconda Cappella all’ingresso di sinistra), al SS.mo Crocifisso (Cappella funebre delle nobili famiglie Liviani – Cesi), altare della Madonna del Rosario (terza cappella all’ingresso di sinistra).

Chiesa di santa Cecilia - Interno

Al centro dell’abside, sotto l’arco trionfale, l’altare maggiore dedicato a S. Cecilia Vergine e Martire, patrona principale della parrocchia e della città di Acquasparta.
Al centro dell’arco trionfale, sorretto da due Angeli, lo stemma della ecc.ma famiglia Cesi, dal XVI secolo signori di queste terre e benefattori della Collegiata di S. Cecilia fino all’inizio del XIX secolo.

Nella Basilica e Insigne Collegiata di S. Cecilia si trovavano almeno venti tele rappresentanti i misteri della vita del Signore, la Beata Vergine, e a diversi Santi, molti dei quali esponenti di spicco della grande Riforma cattolica operata all’indomani del Concilio di Trento. Purtroppo di esse ne sono rimaste solamente sette che sono state restaurate a partire dal 1992 e che, nonostante l’usura del tempo e l’incuria degli uomini, oggi ridanno vita e splendore alla Collegiata rinnovata e riportata al suo antico splendore nel 1990 per la generosità e la fede della Comunità parrocchiale. Le tele, collocate nelle cappelle, sono opere di diversi pittori che vanno dalla fine del XVI secolo alla seconda metà del XVIII secolo. Di esse diamo le notizie che abbiamo potuto raccogliere dopo accurate e pazienti ricerche.

Al centro dell’Abside, al di sopra del Coro e dell’Altare Maggiore, una tela rappresentante i Santi Stefano e Cecilia Il quadro è opera del pittore Barla da Terni collocato al momento della riapertura al culto della chiesa nel 1761.

Nella prima cappella sulla destra, partendo dall’altare maggiore e dirigendosi all’uscita, si trova la Cappella di S. Carlo dell’ecc.ma Casa Cesi con stemma gentilizio collocato nell’arco. La tela (inizio XVIII sec.) raffigura S. Carlo Borromeo e S. Filippo Neri ai piedi della Vergine con Bambino.
Da notare, tra i due Santi, S. Cristoforo con il Bambino Gesù in spalla. La raffigurazione di quest’ultimo, inconsueta nella iconografia dei due grandi Santi della Riforma Cattolica, va ricercata nel fatto che la tela fu donata, nel 1711, da don Cristoforo Rossi, Priore della Collegiata, e dalla devozione popolare, assai diffusa, per questo Santo protettore dalle tempeste e dalle alluvioni.
Da notare, al di sopra della tela, lo stemma di S. Filippo, “cioè un cuore infiammato” sempre in stucco. Non si può dimenticare il legame di amicizia che legava i Cesi a S. Filippo Neri e le numerose visite effettuate dal Santo, in Roma, alla potente Famiglia.

Nella Cappella successiva, detta dell’Assunta e dei Santi Pietro e Paolo, è stata collocata (1992), dopo il restauro, la tela della Adorazione dei Pastori, originariamente posta nella Cappella Sensini, (la prima di destra entrando, appena la porta del Campanile). Questa tela, fine del XVI sec o inizio del XVII, la cui bellezza e raffinatezza, colpiscono qualsiasi visitatore, è attribuita dagli inventari del settecento, esistenti presso l’Archivio della Curia Vescovile di Todi, “al famoso pittore Domenichini”; tuttavia è molto più attendibile la recente attribuzione a Riccardo Ripanelli che, all’inizio del XVII secolo, lavorò in palazzo Cesi.
Nell’opera si noti come in uno spazio così limitato il pittore è riuscito a collocare un considerevole numero di personaggi e che, pur muovendosi nei canoni del manierismo, presentano elementi di ricca creatività.
Essi sono collocati in un ambiente tipicamente rinascimentale con evidenti richiami al mondo classico (come la colonna caduta e spezzata) e con la costruzione della scena del mistero della Natività avente come linea focale la diagonale che dall’alto (a sinistra) giunge in basso (a destra) sottolineata da una luce calda e delicata. Da osservare, inoltre, la straordinaria bellezza e vivacità dei colori, in primo luogo l’ azzurro e il rosso.

Successivamente si veda la tela dei Santi Pietro e Paolo ai piedi della “Grande Madre di Dio” (sec. XVII), collocata originariamente nella Cappella ove ora si trova l’Adorazione dei Pastori. Apparteneva, originariamente, alla Famiglia Granori (XVII sec.) e, successivamente (XVIII), alla Famiglia Paradisi di Terni. La tela si trova, attualmente, nella Cappella (la terza dall’altare maggiore verso l’uscita sulla destra) priva, da sempre, di altare, perché cappella di passaggio per quanti entravano in Chiesa da ponente. L’esistenza di questa porta è visibile dall’esterno, lungo via Colonna. In essa c’è da notare una lapide che ricorda Fulvio Pontani, proveniente da Spoleto e morto nel settembre 1622, “Prioris huius Basilicae”. Questa lapide attesta che la Chiesa di S. Cecilia gode del titolo di “Basilica” che si coniuga con quello di “Insigne Collegiata”.

Nella quarta Cappella di S. Nicolò, partendo da destra dall’altare maggiore verso l’uscita, troviamo “Un quadro ovato, dipinto dal sig. Barna di Terni in tela (XVII – XVIII sec.), e rappresenta S. Nicolò vescovo di Elvira, che vestito d’ abiti sacri in rito greco miracolosamente trasporta un giovinetto cristiano che trovasi schiavo. Al di sopra vedesi S. Barbara colla spada in mano in atto di vittoria. A lato sinistro S. Restituta con palma in mano. Nell’angolo destro si vede un angelo che presenta il diadema”. Si tenga presente che questa cappella e le figure dei tre santi rappresentati nella tela furono realizzate in ossequio a quanto ordinato da mons. Camaiani in occasione della visita pastorale del 1574 a seguito della demolizione delle tre chiesine, ormai fatiscenti, situate lungo la Flaminia nel territorio di Acquasparta, e dedicate ai tre santi dipinti sulla tela su ricordati. E’ bene ricordare che le pietre della tre chiesine, demolite con il benestare di mons.
Camaiani nel 1574 e del vescovo mons. Angelo Cesi (1593), furono utilizzate per la ricostruzione e ulteriore innalzamento del campanile della collegiata, in parte crollato, in quegli anni a causa di un fulmine abbattutosi su di esso. Tra gli stucchi, rappresentanti temi religiosi, si osservi lo stemma gentilizio dei signori Spada di Terni.
Appena l’ingresso principale, sul lato destro, si trova la lapide che ricorda l’edificazione della Chiesa nell’attuale struttura architettonica avvenuta nel 1761.

Cappella del SS.mo Crocifisso. Qui si trovano le tombe delle famiglie Liviani e Cesi con due lapidi e relative iscrizioni fatte collocare da Isabella Liviana Cesi nel 1582, nel 74° anno della sua età e qui fu sepolta essa stessa e, nel 1630, il Principe Federico il Linceo, fondatore dell’omonima Accademia (1603).
Al di sopra dell’altare è posto “un quadro in tela (seconda metà del XVI sec.) con cornice di legno dorato e intagliato con l’immagine in mezzo del SS.mo Crocifisso, a piedi la SS.ma Vergine, dall’altra parte S. Giovanni Evangelista, S. Maria Maddalena, e nell’angolo di esso in cornu evangelii il ritratto dell’ecc.ma Duchessa Isabella Liviana Cesi Fondatrice”. L?autore è Giovan Battista Lombardelli che ricevette il pagamento della tela il 12 maggio 1581, così come si legge nel registro delle uscite della Cappella del SS. Sacramento.

Cappella del SS.mo Rosario immediatamente adiacente a quella del Crocifisso.
“Al di sopra dell’altare un quadro in tela con le immagini della Madonna SS.ma del Rosario, S. Domenico e S. Caterina da Siena adornato di stucchi con i misteri del Rosario a lato dipinti parimenti in tela. Sostenuto da due colonne per parte con due Angeli, che sostengono il diadema, e con doppia cornice parimenti di stucco”.

Dei medaglioni raffiguranti i misteri del rosario, collocati lungo i lati del quadro, conosciamo l’autore Niricani da Parma e l’anno della realizzazione 1711. La tela, di cui non possiamo con certezza affermare essere dello stesso artista, è, comunque, sicuramente della fine del XVII secolo o inizio del XVIII. Anche questa tela è stata restaurata nell’anno 1996 con il contributo esclusivo di due persone generose di questa parrocchia.

Non si possono dimenticare l’altare Maggiore e il Coro. L’altare, risalente alla seconda metà del XVIII sec. fu portato in questa chiesa, completamente restaurata, nel dicembre 1990, dalla vicina Chiesa di S. Giuseppe. Il Coro è antecedente il tempo della ristrutturazione della chiesa avvenuta nella seconda metà del XVIII secolo. Esso, in noce, pur sobrio nelle linee e nelle forme, corona e completa la bellezza classicheggiante della Basilica.

Dietro l’altare maggiore è stato collocato, in occasione del giubileo del 2000, il crocifisso antichissimo (inizio del XIV sec.) di scuola umbra che fino al 1888 si trovava in S. Giovanni de Budes in totale abbandono a seguito della cacciata dei Cavalieri di Malta, proprietari della medesima Chiesa, avvenuta al indomani dell’Unità di Italia.
Fu la popolazione di Acquasparta a portarlo nella Chiesa di S. Francesco ove è rimasto fino al 1997, all’indomani del terremoto. Restaurato da una coppia di sposi di questa comunità è stato collocato in S. Cecilia per assecondare un loro desiderio – voto, ricevuto anche il benestare della Sopraintendenza ai Beni Culturali dell’Umbria.

All’esterno sul lato destro della facciata della chiesa si può ammirare il possente campanile. Quest’opera, che fino al 1761 rimaneva totalmente esterna alla chiesa, ha subìto continui interventi riguardanti l’altezza e più ancora la piramide o cuspide che si trovava, fino alla seconda metà degli anni venti di questo secolo ormai concluso, alla sua sommità. Più volte fu colpito da fulmini che provocarono gravi danni anche con l’abbattimento della piramide e parte della stessa torre campanaria. In esso fu collocato, fin dalla metà del 1500 un orologio meccanico, opera di un maestro di Arezzo.

Subito appresso troviamo la facciata esterna della Cappella del SS.mo Crocifisso con la data 1582, anche essa esterna alla vecchia chiesa romanica. A fianco la casa del Priorato e di fronte il Palazzo ora Montani, anticamente del Capitolo di S. Cecilia.